Nell’estate del 1943 Vizzini era un fondamentale centro di comando e logistico dello schieramento difensivo italiano in Sicilia. Inoltre, era anche un importante crocevia stradale e ferroviario, attraversato dalle strade e dai binari che provenivano da Siracusa, Ragusa e Catania. Era presente il comando della 54a divisione di fanteria «Napoli», un battaglione del genio, un battaglione mortai, un gruppo di artiglieria contraerea, i magazzini della sussistenza, un ospedale da campo e altri reparti minori. C’era anche un deposito munizioni della Regia Aeronautica.
Per tali motivi Vizzini divenne uno degli obiettivi dell’aviazione anglo-americana. Il primo a essere colpito fu il 107° Deposito Regia Aeronautica a Vizzini Scalo. Era il 25 giugno 1943. Una dozzina di cacciabombardieri britannici apparvero improvvisamente sul cielo del Deposito nella tarda mattinata, quando era appena suonato il cessato allarme aereo e gli avieri stavano uscendo dal ricovero della 1a galleria per riprendere i loro posti di lavoro. Al rumore dei motori di quello stormo, gli avieri alzarono gli occhi preoccupati, ma uno di loro li rassicurò dicendo che si trattava di aerei nazionali. I cacciabombardieri britannici scesero in picchiata indisturbati, spezzonando e mitragliando gli edifici, ma non accanendosi contro le singole persone. Nonostante ciò, rimasero sul terreno cinque uomini: tre avieri e due operai vizzinesi, il terrazziere Salvatore Fraschilla di appena 16 anni, morto sul colpo straziato dalle schegge; un altro operaio, Vito Cicero, muratore di 19 anni, gravemente ferito, morto per una fortissima anemia subito dopo il ricovero presso l’851° Ospedale da Campo, montato da qualche mese in fondo al viale Regina Margherita dal servizio sanitario del XVI Corpo d’armata. La madre di Salvatore Fraschilla, Nella Failla, temeva di ricevere la notizia della morte del figlio Antonino, sottufficiale della Regia Aeronautica in Africa Orientale prigioniero degli inglesi, o dell’altro figlio Giovanni, militare del Regio Esercito in Grecia, invece stavapiangendo la morte del più piccolo dei figli. I danni alle infrastrutture del Deposito non erano stati gravi. Il vicino campo di grano, proprietà del barone Ventimiglia, era andato in fumo. Dentro le gallerie erano immagazzinate tonnellate di bombe d’aereo. Che cosa sarebbe accaduto se una galleria fosse stata colpita in pieno crollando?
Domenica 4 luglio un’azione diversiva di spezzonamento e mitragliamento fu effettuata sul centro abitato di Vizzini. Uno spezzone piovve sulla scalazza, danneggiando un’ala del Palazzo Municipale. Le schegge perforarono il portone del salone Todaro e spaccarono tutti gli specchi. Alla vista di quella devastazione, i carusi Nanni Inserra e Pippo Lo Presti chiusero la bottega e si rifugiarono in campagna, in attesa di tempi migliori e del ritorno del principale che si trovava sotto le armi.
Il 10 luglio, giorno dello sbarco anfibio anglo-americano nei golfi di Gela e di Noto, l’aviazione nemica aveva progettato il bombardamento di Vizzini per colpire il comando di divisione della «Napoli», unità condotta dal generale Giulio Cesare Gotti Porcinari. Alle 14,39, dalla Tunisia, iniziò il decollo di 29 bimotori americani Martin B-26 Marauder del 320° Bombardment Group Medium con obiettivo Dulcimer, cioè Vizzini. Li comandava il capitano Charles L. “Pappy” Belcher che aveva in dono per Vizzini 232 bombe da demolizione da 300 libbre e 45 a innesco ritardato di 45 secondi. Target principale il comando della 54a divisione «Napoli» sul Poggio Impiso.
Su Malta, vennero raggiunti dalla scorta, Spitfire del 31° Fighter Group di Gozo. Problemi meccanici obbligarono al rientro in Tunisia 7 B-26. Un altro fu costretto ad atterrare a Pantelleria. Erano passate le 16,30 quando suonò l’allarme aereo. La contraerea iniziò a sparare, ma il tiro era leggero e impreciso. I velivoli della prima squadriglia erano a mille piedi di quota, individuarono quello che sembrava l’obiettivo e sganciarono 96 bombe. La seconda squadriglia, invece, non lo individuò e tornò indietro con il carico. La terra tremò e molti vetri si frantumarono. Però, il centro abitato restò integro, così come il comando di divisione sul Poggio Impiso. Gli americani avevano sbagliato obiettivo, colpendo Licodia Eubea, anch’essa stretta e lunga, per Vizzini. Le bombe erano cadute appena a nord-est di Licodia, sulla contrada S. Venere, risparmiando il centro abitato. I velivoli nemici rientrarono alla base senza perdite, a parte otto fori di schegge in una carlinga.
Il 13 luglio gli angloamericani erano alle porte di Vizzini e si combatteva sul monte Conventazzo, sulla strada per Buccheri, sulla strada per Monterosso e a Vizzini Scalo. Mentre le truppe tedesche stavano manovrando per schierarsi a difesa, gli inglesi avevano già dato inizio al bombardamento di Vizzini con l’artiglieria. In particolare il 165° Field Regiment della 231a brg «Malta» aveva piazzato i suoi cannoni sul Monte Lauro, ad ovest di Buccheri, la più alta vetta dei Monti Iblei. Il comandante del genio divisionale della «Napoli», il ten. col. Giacomo Bombonato, alle ore 1,15 a.m. telefonava al capo di S.M. del XVI C.A., comunicando che “il nemico effettua azioni di bombardamento su Vizzini campagna da Monte Lauro” .
Per l’artiglieria italiana arrivò l’ordine del comando divisione di reagire con un fuoco di richiamo. Sul Roccaro, colle che domina la rotabile SS 124 per Siracusa, erano piazzati i cannoni da 75 della 1a btr dell’XI gruppo C.K. contraereo, agli ordini del cap. Ferlenghi. Luigi Ferlenghi era un avvocato cremonese di 39 anni, sposato e padre di una bambina. La superiorità dell’artiglieria britannica era netta, e i cannoni italiani vennero colpiti e messi fuori combattimento. Gli artiglieri di Ferlenghi, tra cui alcuni feriti, furono costretti a rifugiarsi in alcune grotte attorno alla postazione, isolati dal comando, col quale le comunicazioni non funzionavano più. La sera le truppe britanniche cercarono di espugnare il Monte Conventazzo difeso dalle truppe tedesche della «Goering», ma furono sanguinosamente respinti.
Il 14 luglio era un giorno molto caldo e i tiri dell’artiglieria britannica avevano interrotto le comunicazioni telefoniche italo-tedesche. Gli anglo-americani svilupparono un attacco a tenaglia: le truppe americane su Vizzini Scalo, quelle britanniche verso il quartiere altro della matrice e verso quello basso di S. Giovanni. L’assalto fu scagliato a mezzogiorno, coperto dai cannoni di due gruppi d’artiglieria britannici e uno americano che spararono cinque salve.
La popolazione di Vizzini, terrorizzata dalla pioggia di granate, si era rifugiata nelle grotte e sotto le gallerie ferroviarie. Il brigadiere dei carabinieri Giovanni La Micela aveva portato la sua famiglia nella grotta della niviera, alle spalle della chiesetta che si erge su una collina appena fuori paese, sulla rotabile per Francofonte. La famiglia del brigadiere era formata dalla moglie Giuseppa Privitera e dalle figlie Maria Olga e Vitina. Nella grotta si erano rifugiati anche altri abitanti del quartiere di Sant’Agostino. Il soffitto della grotta tremava all’arrivo delle granate, e l’ambiente si era riempito di polvere, facendo tossire quella povera gente impaurita. Ma lì sotto le persone erano al sicuro. Maria Olga, smilza ragazzina tredicenne dai grandi occhi scuri e dalle lunghe trecce nere, aveva voglia di uscire per prendere una boccata d’aria. Approfittando di una pausa del bombardamento inglese, sfuggì all’attenzione dei genitori. Appena fuori dall’antro, una scheggia tranciò l’aria e si conficcò nel suo esile collo, uccidendola sul colpo. Fu uno strazio.
Durante la notte tra il 14 e il 15 luglio le truppe italo-tedesche si ritiravano da Vizzini verso Militello, per schierarsi poi sul Simeto e sul Gornalunga. Le pattuglie esploranti britanniche constatarono che all’interno del centro abitato non c’era più traccia del nemico e alle 23,00 del 14 luglio questa notizia fu comunicata al comandante di divisione Wimberley. Nonostante tale informazione, Wimberley decise ugualmente di effettuare il bombardamento che cessò alle ore 1,30 a.m. del 15 luglio. Gli artiglieri anglo-americani avevano effettuato un tiro non intenso, ma abbastanza preciso, guidato da osservatori avanzati, tentando di colpire i presunti centri di resistenza tedeschi: il colle Maddalena, il Calvario, il Crocifisso Nivera, il Poggio Impiso, il Largo S. Maria di Gesù, il Conventazzo. I proietti da 3 e da 4,2 pollici piovvero sulle vie, sulle piazze, sulle case e nelle campagne dei dintorni, facendo schizzare terribili schegge taglienti nell’aria. Alcune granate caddero nel quartiere di S. Giovanni, danneggiando anche il grande palazzo Catalano. Un’altra cadde sull’antica casa della famiglia Interlandi, in Largo S. Maria di Gesù, quello del “Palco a musica”, facendone crollare un’ala. Fortunatamente, gli Interlandi si erano trasferiti nella loro casa di campagna a Campo Liberto, dove qualche giorno prima il maresciallo Gracchi e alcuni avieri del 107° Deposito della Regia Aeronautica avevano scavato un rifugio antischegge, consigliando loro, però, di rientrare a Vizzini poiché erano in arrivo gli americani e la guerra avrebbe coinvolto quella contrada. Gli Interlandi erano andati a Vizzini, ma subito dopo avevano deciso di rientrare nella loro casa di campagna, sentendosi più al sicuro. Così salvarono la loro vita .
Finito il tiro dell’artiglieria, dopo l’una e trenta le due tenaglie dell’attacco britannico entrarono in contatto nel centro abitato. Per loro sfortuna, il comandante del battaglione Gordons, ten. col. Fausset-Farquhar, decise di lanciare un segnale di riuscita dell’operazione che fu erroneamente interpretato dall’artiglieria come una richiesta di aiuto. Di conseguenza gli artiglieri ricominciarono il tiro mentre stavano penetrando nella zona orientale del paese i battaglioni 1° e 7° Black Watch della 154a brg del gen. Rennie. Questi battaglioni avevano iniziato l’azione alle 23,00 del giorno prima. Il 1° btg del ten. col. Blair aveva spinto sulla linea della rotabile Buccheri-Vizzini, mentre il 7° del ten. col. Oliver aveva costituito l’ala destra, avanzando sul Roccaro e sul Conventazzo. I tedeschi avevano già lasciato quelle posizioni, ritirandosi sul Poggio Impiso, più a nord, così il primo obiettivo dell’attacco fu raggiunto senza perdite. A quel punto l’artiglieria avrebbe dovuto allungare il tiro e colpire il secondo obiettivo, il Poggio Impiso, ma il segnale dei Gordons indusse in errore l’artiglieria anglo-americana che sparò sulla zona dell’entrata orientale (Via dei Galli), proprio mentre vi stava penetrando il 1° Black Watch, provocando a quella unità 8 morti e 27 feriti. Fu ferito gravemente anche un ufficiale dell’Intelligence, il cap. Guernsey, che non poté più rientrare in servizio . Per far cessare il tiro, che durò una decina di minuti, ci vollero delle frenetiche chiamate via radio del comando della 153a brg e della 51a divisione. Prima dell’alba, alle ore 04,00 circa del 15 luglio, Vizzini era conquistata.
5 settembre 2022
Domenico Anfora