La storia d’una notte e di un giorno di fuoco siciliano. La storia d’una donna e di un paese che quel giorno moriva e tornava a rinascere. La storia d’una scheggia dimenticata di Sicilia: ti accorgi che esiste perché l’accarezzi, sotto la pelle. E senti che è lì, quella scheggia. E sai che è lì.
Quante volte ho riascoltato quel giorno di passione nella vita di mio padre. Non nelle sue parole, perché non abusò mai di ricordi. Nella vita, sì. Nel bisogno di ricominciare a contare da quella mattina di luglio, dal rombo torvo delle fortezze volanti, dalle ruvide premure di suo padre. Quante volte ho sentito che quella scheggia era ancora dentro di lui, conficcata nella sua memoria, affilata, viva.
La memoria oggi si fa parola. Le pagine di questo lungo racconto, mai pubblicato prima d’oggi. E per questo, forse, di tutti gli scritti di Giuseppe Fava il più intenso.
Claudio Fava
Questa è la semplice storia di un adolescente, il soldato Werner, di diciotto anni, anzi ventiquattr’ore della sua vita, il primo incontro d’amore, la intuizione nitida e tragica del rapporto tra l’amore e la morte, come termini eterni della condizione umana.
La trama si svolge fra il 9 e il 10 luglio del 1943, quando sulle coste della Sicilia si abbatte dal cielo e dal mare la valanga di ferro e di fuoco che iniziava la battaglia per la conquista dell’isola.
Attorno alla storia di Werner, piccolo soldato, figlio di padre tedesco e madre italiana, la storia di un altro piccolo gruppo di esseri umani: tre ragazzi siciliani, studenti di liceo che hanno stabilito con Werner una strana e delicata amicizia; due altri soldati tedeschi, Peter e Gustav; una prostituta chiamata Mavara, che suona la chitarra, canta, insegna a ballare e a fare all’amore agli adolescenti, la figlia Elisa di quattordici anni.